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giovedì 16 aprile 2009

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PICCOLI AUTORI CRESCONO

Ebbene, esiste anche un altro motivo per cui uno scrittore decide di scrivere. Semplice e monocromatico: si annoia. Bisogna pur riempire il tempo tra un lavoro noioso ed un altro! Orbene, perché allora non mettere nero su bianco le proprie fantasie?



Anche per questo motivo ho iniziato a scrivere davvero, provando a comporre un romanzo. Allora lavoravo a quasi sessanta chilometri da casa e prendevo il treno. Un’ora di rotaie per l’andata ed altrettanto per il ritorno. Le facce che incontri, alle sette del mattino sul treno – che è sempre ed irrimediabilmente lo stesso – sono assonnate come le tue. Così ti siedi su una poltrona, in fondo alla carrozza, magari ed osservi quelli che siedono lì, con te. Cominci ad immaginare le loro vite, ascoltando i loro discorsi o sbirciando le pagine di ciò che leggono.

La prima cosa che ho scritto sul treno è stata “Quella lunga strada che mi conduce a casa…” un viaggio allucinato attraverso una terra post-nucleare che si svolge proprio su un treno, il Direttissimo. Lo compongono una serie di vagoni deserti che sfuggono ad una umanità annientata e che corrono verso il Portale, fantomatico simbolo di una rivincita verso le stelle.

Poi è stata la volta de “Il Pianeta” - che oggi è divenuto un romanzo diviso in tre storie principali “Le Terre di Arcadia – i misteri dello spazio profondo…” - e che è nato principalmente con l’unico scopo di sfuggire alla noia. In esso ci sono comunque le basi su cui poi è nato il mondo dell’Altrodove ed i due libri che lo descrivono.

Ma anche mille altri pensieri colpiscono – e svuotano – la mente di uno scrittore: inizi esaltanti di libri che forse non completerò mai, sebbene ho in mente chiare e limpide le trame ed i personaggi. Vite inventate e costruite addosso a uomini e donne, ragazzi e ragazze che incontravo sul treno la mattina presto e di cui non conoscevo nulla, nemmeno i nomi. E poi gruppi di amici che chiacchieravano di mille cose per me senza senso e che mi hanno suggerito un’immagine che ho calato ne “Ritorno ad Altrodove”, nel paragrafo de “L’assemblea dei Piccoli Pianeti” dove il Governatore di Nova Tera sorride osservando i rappresentanti di diverse razze che parlano fra loro di come hanno trovato divertente il pranzo a loro offerto.

E non è proprio dalla vita comune che si raccolgono gli spunti migliori per i propri libri, anche quando essi parlano del fantastico? Le storie si intrecciano le une con le altre, i personaggi interagiscono fra loro così come se essi esistessero davvero e, sullo sfondo, onnipresente, l’autore stesso. Egli, alla fine, cresce con loro.

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«I Mondi dell'Altrodove» Copyright © 2008 di Daniela Gambo

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