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mercoledì 20 ottobre 2010

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Lo strano caso di Sarah Scazzi

In questi giorni siamo bombardati da una pioggia mediatica di morbosa curiosità sulla tragica vicenda di Sarah Scazzi. Mi trovo costretta a fare "zapping" non per saltare la pubblicità, ma per non trovare qualche speciale, qualche servizio giornalistico, qualche trasmissione becera che non sia incentrato sul delitto. Naturalmente il livello di tali programmi si basa solo sul sensazionale a tutti i costi, un sensazionale che però è di bassa qualità, come, per esempio, un collegamento durato oltre tre minuti in cui la giornalista belloccia non faceva altro che chiedersi dove mai erano andate moglie e figlia (non quella in carcere, ma l'altra) quella mattina così di buon ora e di nascosto dagli appostamenti dei vari giornalisti-squali. Naturalmente ella ci rassicurava con sguardo grave che era sua ferma intenzione scoprire l'arcano.
Ma della povera Sarah non interessa nessuno, se non come unico e nemmeno troppo nascosto intento di replicare il successo di "Chi l'ha visto?", che avrà anche fatto tanto per molti, ma solo in seconda battuta, poiché fa troppo SCOOP_FIGATA annunciare in diretta alla famiglia che il cadavere di tua figlia è stato ritrovato, quasi fosse tutto merito del programma 'sta bella notizia! Lo ammetto, la Signora Federica Sciarelli mi ha deluso. Reputo il suo comportamento anti-giornalistico e non umano. E nei suoi panni avrei certamente agito diversamente. Voglio credere che Federica Sciarelli se ne sia pentita, soprattutto mentre, dopo aver dato la notizia, guardava negli occhi della mamma di Sarah l'effetto che stavano facendo le sue parole.
Ma è anche vero che lo spettatore medio ama vedere il dolore (degli altri), lo splatter televisivo (possibilmente sensa effetti speciali) e il piagnucolio in diretta. Se il giornalista è uno squalo, lo spettatore gli va dietro. Questo credere che la violenza grave e i particolari macabri siano fonte di una trasmissione di intrattenimento e far passare il tutto come "giornalismo" mi sembra davvero degradante anche per chi, queste trasmissioni, le  guarda. Tali persone si fanno mal-pietose nei confronti delle vittime e tale pseudo-sentimento li spinge a far folla di curiosi davanti al luogo del delitto, a porre fiori  vicino al pozzo dove un cadavere fino a poco tempo fa stava macerando e credere di essere così, in qualche modo, partecipi di un evento mediatico che spersonalizza vittima e carnefice, famigliari e complici, relegandoli a ruoli di attori di un film.

Cosa sia successo, come si sono svolti i fatti, anche i particolari più macabri, non dovrebbero rimanere chiusi dentro un dossier a disposizione della polizia e dei magistrati? Ai giornalisti e a noi spettatori non dovrebbe bastare sapere chi è la vittima, chi è il colpevole, chi sono i complici e basta? In fondo Sarah era pure minorenne...
...ed è così che andrebbe ricordata.

2 puntini di sospensione:

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