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martedì 31 marzo 2009

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CI SONO MILLE MOTIVI PER VOLER SCRIVERE...

macchina da scrivere Olivetti

Image by stileartedesign via Flickr

Una mia collega, che è stata anche una mia amica e con cui condividevo alcuni interessi, mi ha chiesto, una volta, quale era il motivo per cui scrivevo. A dire il vero, prima di allora, non me ne ero mai posta il problema. Eppure è di fondamentale importanza.

Tu, che scrivi, lo fai per te stesso solamente?



Ecco, direi che questa è la classica domanda amletica di ogni scrittore - od aspirante tale. Ovviamente noi iniziamo a scrivere solo per noi stessi, per l'orgoglio che proviamo a vedere delle pagine sporche d'inchiostro con tante di quelle righe che per noi vogliono dire qualcosa. Successivamente le leggiamo e ci diciamo: Non male! Quasi, quasi le pubblico! e quindi scatta la seconda fase, quella in cui siamo convinti di voler essere letti.

E da lì ha inizio il lungo labirinto, che non sempre ci porta da qualche parte.

Ma siamo davvero certi che quello che desideriamo davvero sia una critica spassionata? Essere letti vuol dire anche andare incontro al giudizio dei lettori e non sempre siamo pronti a conoscere quel giudizio. Se qualcuno di voi ha mai provato ad inviare un suo manoscritto a qualche editore od qualche critico, ricevendone in cambio una lettera con poche e laconiche righe, in fondo in fondo non si è forse sentito convinto che il suo libro non è stato capito fino in fondo o, magari, nemmeno davvero letto? Soprattutto se il lavoro è stato accurato, accompagnato da una lunga ricerca per dare un tocco di veridicità alla trama ed il tutto poi è stato corretto e ricorretto fin nei minimi particolari, non siamo forse troppo coinvolti per capire fino in fondo che esiste la possibilità di una critica negativa? E vogliamo davvero sentirla? No, certamente non vogliamo. Anche se diciamo a gran voce che non è vero, che siamo pronti a qualsiasi commento, noi reputiamo il nostro lavoro ben fatto e ne siamo orgogliosi. Ascoltiamo gli altri ma in cuor nostro conosciamo la verità. La nostra verità, che è quella derivante dal fatto che scriviamo per noi stessi.

Quindi il passo successivo, per superare questo scoglio, è divenire gli editori di noi stessi. Il vero ostacolo di fondo non è ciò che scrivi o quanto possa valere – perché è ciò che hai nel cuore - o nella penna! – ma quella sagoma scura a cui lo indirizzi. Egli è il Lettore e non si dovrebbe mai perderlo di vista!

Le idee o lo stile sono sempre elementi che si possono migliorare, basta lavorarci con costanza. Ma è il Lettore il fine ultimo del Libro. All’inizio c’è l’Autore. Nel mezzo il Come. E dunque, un buon Libro è il connubio perfetto tra chi scrive il messaggio e colui che ne è il destinatario!

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venerdì 27 marzo 2009

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tratto da “ARANCIO AMARO”

Sono molto affezionata a questo mio racconto. Ve ne lascio un piccolo assaggio in attesa di creare un file che vi permetterà di leggerlo. In effetti non l’ho ancora pubblicato perché spero sempre di riuscire a farlo partecipare con successo a qualche concorso letterario, prima di vincolarlo inesorabilmente con una casa editrice.

Che dite, è troppo presuntuoso?

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(Tutti i diritti letterari di quest’opera sono di esclusiva proprietà dell’autore)

Nota dell’Autore

Questo racconto è nato di getto, in pochi mesi e poi è stato abbandonato e ripreso solo più tardi, quando ha assunto l'aspetto che ha adesso.

È la storia di due solitudini. Un padre ed un figlio che non si conoscono e che, nonostante tutto, sono intrappolati nella medesima malinconia del vivere, priva di veri affetti ed impossibilitati ad amare.

Il male di vivere - concetto che mi ha sempre affascinato! - si alimenta, nelle righe di questo libro, come una malattia che mina il fisico e che si trasmette geneticamente, in una spirale di assenza di affetto che rende ogni uomo un'isola sperduta ed irraggiungibile. Oppure, se vogliamo usare un altro paragone che io amo molto, egli è simile ad una stella: splendente e lontana potenziale portatrice di vita e di morte.

L'incontro è anch'esso all'insegna della solitudine. Esso si svolge attraverso delle lettere, le quali sono lontane dal destinatario e da colui che le legge, perché vergate in un inizio che è distante nel tempo. Figlio e padre trascorrono la vita distanti ed indifferenti, chiusi in un dolore che non comprendono, né sanno distinguerne le cause e solo alla fine, nella morte del vecchio, il cerchio si spezza. I fantasmi non hanno presa sul figlio ed all'arrivo dell'alba, essi scompaiono.

Ma non ci è dato conoscere oltre…

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CAPITOLO I

Il sole è pallido e fiacco.

Lo è sempre in questa stagione.

Le foglie hanno già cominciato a cadere e, mentre gli alberi di cachi sono carichi di frutta matura, i miei adorati aceri sono giallo oro ed il leggero vento li spoglia come dolce pioggia.

È un altro giorno, uno come tanti, eppure l’aria è più frizzante di ieri ed il cielo è terso. Sembra che il tempo si sia dilatato ed abbia rallentato la sua corsa, come accade prima di una pesante e silenziosa nevicata.

«Amo profondamente l’abbraccio dolce che lega l’autunno all’inverno. Qui non è mai violento. Il passaggio è lineare e graduale e pieno di poesia.

Anche le fate, che vivono fra l’erba, si colorano di rosso e nelle notti fredde e limpide le puoi vedere danzare nell’aria, fra le foglie d’edera ormai secche e le vecchie spine dei rovi spogli.»

«Ormai questo è il mio novantasettesimo inverno.

In questa casa buia, le fate del giardino sono la mia unica compagnia.

Il fuoco crepita stancamente nel camino. La legna riluce rossa di fiamma ed il suo profumo è chiaro nell’aria, oggi come ieri.»

«Mi alzo a fatica ed aggiungo altra legna al fuoco. Ogni volta mi sorprendo come la mia mente riesca a pensare veloce e compia i movimenti che il mio corpo è lento ed impacciato ad eseguire. Mi appoggio al camino: ho fatto pochi passi, ma sono già stanco.

Getto altro cibo per il fuoco.

Guardo la mia mano alla luce della fiamma. È gonfia e rugosa: è la mano di un vecchio.

Mi liscio i capelli, che sono radi.

La mia bocca è secca: comprendo di aver sete, ma non riesco a sentirla.

Da molto tempo il mio corpo è divenuto sordo alle sue stesse necessità. Il mio medico è preoccupato per me, vorrebbe che andassi a vivere con mio figlio, dice che ho bisogno di essere guidato e controllato.

“Potresti addormentarti davanti al fuoco” continua a ripetermi non appena ne ha l’opportunità.

“e non ti accorgeresti nemmeno del tempo che passa...”

Eppure è così che vorrei morire: in un giorno di inverno, davanti al fuoco, seduto ed addormentato dentro questa stanza.»

«Sto aspettando impaziente che le fate vengano a prendermi.»


IL VECCHIO

È un vecchio, il signore che abita dentro quella casa gialla.

La mattina, quasi all’alba, lo vedi passeggiare per il giardino, in mezzo all’erba incolta. È magro e sottile, come il bastone a cui si appoggia.

Una volta al mese viene il figlio.

Gli taglia l’erba del giardino, gli fa la spesa, spazza il portico e gli pulisce il bagno e la cucina.

Non scambiano mai una parola. Il vecchio è scontroso ed il figlio è brusco.

Eppure, quando quella giornata finisce ed il figlio se ne va, il vecchio rimane sulla porta a guardare la macchina sparire dietro la curva e poi rimane ancora lì, per anche un’ora, con lo sguardo perso.

Sembra quasi che per lui il tempo non abbia alcuna importanza...

È perché ne ha poco ancora? O perché ne ha già visto scorrere tanto?

Una volta alla settimana, invece, viene il medico a trovarlo. Si chiudono in casa, il vecchio tira le tende e sempre il medico si ferma a mangiare.

Con lui, il vecchio è chiacchierone: parla e parla in continuazione, a volte sciolto ed a volte - ma sempre più spesso - con fatica. Ma il vecchio pensa: ha la mente lucida. Medita ed i suoi discorsi sono ponderati e sviscerati. La sua mente è giovane, imprigionata in un corpo che non ce la fa più a seguirla.

Ma più spesso quel vecchio che abita nella casa gialla è solo. E quando è solo, pare una mummia. A parte le sue passeggiate mattutine nel giardino, se ne sta sempre seduto accanto al fuoco acceso.

Consuma tanta di quella legna che, immancabilmente, a metà inverno l’ha già finita ed il figlio gliene fa sempre portare dell’altra. Quando arriva il camioncino a scaricare la legna, il vecchio non si alza nemmeno dalla sua poltrona, si fa piccolo e sembra voler sparire. La casa è percorsa dall’aria estranea di gente sconosciuta. Al vecchio, questo, non piace.

…continua



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giovedì 26 marzo 2009

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FINALMENTE I MIEI LIBRI DISPONIBILI IN EDICOLA!!!

miramare Sono emozionata! Davvero!

Ho avuto l’occasione di poter esporre i miei libri in una edicola di Trieste, in conto vendita. Certo, per ora le copie che metterò a disposizione non sono molte, ma ho pensato che non tutti hanno familiarità con Internet e tantomeno con gli acquisti sul web. Forse così – almeno per quelli a cui può interessare – potrebbe risultare più facile reperirli!

L’edicola si trova al numero 1 di Via Curiel, che è quella strada che passa sopra il campo di calcio di Borgo San Sergio, vicino ai giardini.

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martedì 24 marzo 2009

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tratto da “IL TERZO RAMO DELLA GALASSIA (Ritorno ad Altrodove – parte II)”

Quello che segue sono i primi due paragrafi del primo capitolo de “IL TERZO RAMO DELLA GALASSIA (Ritorno ad Altrodove – parte II)" sempre edito da Boopen e che potete trovare sul sito della casa editrice.


«IL TERZO RAMO DELLA GALASSIA»

(Ritorno ad Altrodove – parte II)

di

Daniela Gambo Bregant

Fra Trieste e Farra d'Isonzo, settembre 2007 – agosto 2008

Tutti i diritti letterari di quest’opera sono di esclusiva proprietà dell’autore.

«Il terzo ramo della Galassia»

CAPITOLO I

L'ORIGINE DELL'UNIVERSO

Le luci azzurre

1 - VERSO ASTO4

Capitano, mio Capitano

Festa di benvenuto

2 – LA STORIA ANTICA

I Visitatori di ASTO4

L'Altrodove racchiuso in un'ampolla

3 - LA STELE DI SOLIENTE

CAPITOLO I

L'ORIGINE DELL'UNIVERSO

Ogni mutamento che avviene in una singola razza, produce i suoi effetti sopra l'intero Universo conosciuto. Molte specie si sono evolute all'interno della tecnologia interfasica e ciò ha portato una svariata moltitudine di interazioni che, come fiumi assonnati, si concatenano gli uni con gli altri per, alla fine, divenire una unica, immensa distesa marina.

I confini dell'Universo sono mutabili, in un inesorabile allontanamento dal suo centro. Se vediamo lo Spazio come un nocciolo che ha tratto origine da se stesso e la materia come riempimento dell'energia da esso sprigionata, se lo immaginiamo in espansione come il cerchio concentrico nato dal cadere di un sasso nell'acqua, allora cosa crediamo possa esserci al suo al di là ed oltre?

Se invece l'Universo Primo è la Madre e gli Universi paralleli i suoi Figli ed essi sono intersecati gli uni con gli altri in un labirinto dove il tempo viene incanalato in variabili sempre diverse - con leggi fisiche anche in contrapposizione, ma rigorose e certe - allora possiamo comprendere come tutti questi mondi, enormemente distanti, sia come esseri senzienti che come livelli di esistenza, siano in realtà parte essenziale di un tutto in continua evoluzione.

Ed essi, nessuno escluso, appartengono ad un mondo che viene detto del VERODOVE.

In questa immagine, gli Universi sono imbuti, ampolle, il cui tessuto è elastico e può deformarsi. Ogni Galassia è la materia che si addensa, che reca le matrici per la formazione delle stelle, dei pianeti e dei mondi azzurri. La vita è solo la conseguenza dell'evoluzione della materia, è un’Anomalia incerta che si sprigiona all’improvviso e da origine ad ulteriori ed inesplorati mondi.

Ogni Universo-Figlio possiede in sé l'impronta dell'Universo-Madre, come un'eredità genetica che lo contraddistingue e che viene trasmessa attraverso quel tessuto che, come una pelle nera, lo riveste e lo delimita, ma anche lo rende capace di scindersi e divenire, a sua volta, capace di procreare ulteriori e nuovi Universi.

Nel vuoto assoluto che circonda questi spazi, c'è l'essenza del non-essere. È qui che - in molti lo affermano - risiede l'ALTRODOVE.

Le leggende nascondono sempre un filo di verità.

L'acqua del mare è opaca per la vita che vi si nasconde, ma quegli esseri infinitesimali sono tali, che brillano splendenti sotto la luce della luna…

Come il VERODOVE è mutamento, così l'ALTRODOVE è la cristallizzazione di ciò che non è. Ma la luce, che è la infinita energia dell'universo e che permette la congiunzione di questi due mondi, è divenuta l'acqua splendente che ha modificato profondamente le distese aride e morte dell'ALTRODOVE.

Molte cose sono cambiate da quando l'avvento dell'ALTRODOVE è stato iniziato e molti pianeti, che erano immobili, hanno cominciato ad evolversi ed a mutare. Mondi sterili, che ora sono solcati dalle acque e stelle morenti, che ora infondono nuova vita, sono i testimoni di tale metamorfosi.

Sembra quasi che una rinascita abbia avuto luogo e che la luce sia divenuta più vivida e fulgida.

Ed anche il VERODOVE - ora - non è più ciò che era.

Le luci azzurre

L'acqua nel bollitore cominciava a scaldarsi e piccole onde nascevano dal fondo di metallo per giungere in superficie, dilatando gli spazi fra le molecole. Il calore si andava concentrandosi contro le pareti ed esse risuonavano con rumori sordi, simili a pugni.

La luce delle stelle era fissa ed immota, segno che l'astronave non era in movimento. I motori mormoravano appena, come se fossero impazienti di ripartire, ma questa era solo una sensazione umana. Ghermano aveva controllato e ricontrollato i circuiti e gli schemi direzionali tante di quelle volte, da sapere ormai la procedura a memoria. Lo avrebbe fatto di nuovo, un po' per il suo bisogno maniacale di perfezione, un po' perché non avrebbe saputo come trascorrere il tempo altrimenti.

La CITRONELLA era in orbita attorno a RONIA da quasi un mese. S'erano fermati alla sua Stazione orbitante per fare rifornimento ed il Capitano aveva concesso una licenza a quasi due terzi dell'equipaggio. Aveva anche assicurato che sarebbe bastata una settimana per completare le operazioni, ma, evidentemente, non era stato così.

RONIA era un pianeta azzurro ed era davvero splendida la sua vista dall'astronave. Altrettanto doveva essere la sua superficie, ma Ghermano non aveva voluto scendervi. La CITRONELLA era priva del Navigatore ed era proprio a lui che era stato affidato quel compito. Egli era un teorico dell'interfase e, forse, era stato il più brillante degli allievi all'Università Unica di NOVA TERA, ma era pur sempre un umano. L'interfase non si rivelava mai apertamente a coloro che non possedevano una qualche essenza medianica ed i suoi processi erano qualcosa di più che dei semplici e sterili algoritmi.

Molte cose stavano cambiando, all'interno del Protettorato ed, al momento, i medianici non godevano di molto favore. Alcuni erano stati addirittura sollevati dai loro incarichi sulle astronavi a cui erano assegnati. Sebbene ciò era stato richiesto proprio dai Governi di NOVA TERA e dei Piccoli Pianeti allo scopo di allontanare da loro ogni possibile sospetto di collusione con il defunto Governatore Jericho, era pur vero che le astronavi si trovavano ora in grosse difficoltà con la gestione dei motori interfasici.

Il fischio del bollitore si fece udire deciso. Ghermano sollevò la teiera dalla griglia e versò l'acqua nella tazza. Il vapore si spanse leggero e caldo e Ghermano sorrise, mentre l'aroma del the verde gli giungeva alle nari.

“Ne berrei volentieri una tazza anch'io!”

“L'occorrente è lì sotto.”

Gedro aprì l'armadietto e ne trasse una bustina ed una tazza.

“Tieni sempre tutto così in ordine?” chiese ironico e Ghermano non si voltò nemmeno per rispondergli.

“L'ordine è la base per ogni cosa.”

Sorseggiavano tranquillamente i loro the stando appoggiati alla balaustra che delimitava il corridoio ai lati della sala-motori. Sotto di loro, uno dei dodici motori interfasici della CITRONELLA si estendeva in tutta la sua lunghezza: era compatto ed imponente e misterioso insieme.

La tensione delle forze, che in esso si scontravano, era appena percettibile, poiché esso stava lavorando ad un regime minimo. Era sempre meglio non spegnere il motore, per non sovraccaricare gli scudi interfasici al momento della sua riaccensione e questo perchè era necessaria una quantità di energia più che doppia per avviare il processo che portava alla formazione dei corridoi.

“Hai forse qualche idea su quando il Capitano Stepan vuole partire?”

Gedro scosse la testa.

“Non ti ha detto nulla?”

“Nemmeno una parola!”

Ghermano fissò pensieroso il the all'interno della tazza e strinse gli occhi, lasciando che il leggero vapore profumato gli sfiorasse le labbra.

Avevano lasciato NOVA TERA da quasi sei mesi ed ancora non si erano allontanati dal suo quadrante. Avevano viaggiato quasi sempre fuori dal processo di interfase e si erano fermati molto spesso, su pianeti diversi, ma mai così a lungo come su RONIA. Su questo pianeta non vi erano risorse particolari e la sua Stazione orbitante - che non possedeva nemmeno un nome - era solo una semplice stazione di rifornimento. Eppure Stepan non accennava a voler ripartire.

ASTO4 era ancora infinitamente distante, se avevano l'intenzione di raggiungerlo senza accedere ai corridoi interfasici e Ghermano si chiedeva, senza potersi dare una risposta, cosa ancora trattenesse il Capitano dal raggiungerlo.

“Tu non credi che si stia comportando in modo strano?”

Gedro posò la tazza sul corrimano.

“Penso solamente che voglia essere preparato per ogni eventualità. Il Reggente Provvisorio non ha ancora concluso la sua indagine e, forse, il Capitano sta solo aspettando questo. Prima o poi dovranno eleggere il nuovo Governatore poiché la Legge prevede un tempo di interregno non più lungo di un anno.”

“Questo, però, vuol dire che potrebbero volerci altri tre mesi! Stepan non è mai stato disposto ad aspettare tanto, quando qualcosa gli premeva!”

Gedro si strinse le spalle.

“Forse, per lui, non è più così importante…”

“Navigatore, ho rilevato una leggera fluttuazione del flusso di anti-materia all'interno del motore interfasico numero quattro. Desidera che inizi una procedura di diagnostica?”

“Cosa desidera fare, Navigatore?” ironizzò Gedro, rivolto all'ufficiale scientifico.

“Lascia perdere!”

“Come ordina. Io, però, consiglierei almeno una calibratura degli scudi interfasici, tanto per escludere eventuali e successivi problemi con le radiazioni del corridoio…”

“Non dicevo a te, ma a lui!”

“Procedo con la diagnostica, allora?”

Gedro represse a stento un risolino.

“Va bene, procedi.”

“Navigatore, ho bisogno dei codici di attivazione.”

“Qualsiasi cosa riguardi l'interfase, non è altro che una sequenza di codici da inserire!”

Ghermano alzò le spalle in un gesto di noncuranza.

“È la procedura standard di sicurezza. Accedere ai comandi dell'anti-materia senza averne la conoscenza potrebbe divenire davvero pericoloso.”

“Navigatore, se posso interromperla...”

“Dammi ancora cinque minuti.”

Ghermano vuotò la tazza e la lasciò accanto a quella di Gedro. Si allontanò dalla balaustra e si avviò verso le scale di metallo che accedevano al piano sottostante, dove erano le consolle del computer secondario. Mentre egli dava l'avvio necessario alla procedura di diagnostica, Gedro si sporse dall'alto e gli gridò qualcosa.

“Non ho sentito!” gli rispose Ghermano di rimando.

Il motore interfasico vibrava con una frequenza quasi ipnotica, mentre il computer procedeva con la diagnostica. La figura di Ghermano, accanto alla struttura possente del motore, sembrava quasi irreale. Dietro di lui, RONIA occupava tutto l'orizzonte, spandendo nello spazio circostante un alone di luce smorzata e leggera.

“Sono tutte attorno al motore, le vedi!” gli ripeté Gedro emozionato, una volta che ebbe raggiunto l'ufficiale scientifico sulla pedana.

I due uomini rimasero a guardare le piccole fiaccole azzurre che lambivano la struttura del motore interfasico. Esse lo compenetravano senza difficoltà, per poi attraversarlo ed uscire dall'altro lato. Attorno ad esse, l'aria era come deformata e, nel punto di contatto tra le lingue di fuoco ed il metallo, anche la materia pareva dilatarsi, come poco tempo prima era accaduto all'acqua dentro il bollitore.

“Le riesci a vedere sempre più spesso, ormai.” mormorò Gedro ed un brivido di freddo gli percorse le pelle. Ghermano annuì.

“Credevo che l'ALTRODOVE fosse ormai un capitolo chiuso, con la scomparsa di Ailija.”

“Ed in effetti le Anomalie si stanno diradando, nello spazio aperto ed è sempre più raro incontrarne una.”

“Ma queste fiamme azzurre, invece, compaiono ancora sulla CITRONELLA. È come se, in realtà, Ailija non se ne fosse mai andata.”

“Ho completato la procedura di diagnostica. La fluttuazione si è arrestata senza causare errori. Gli scudi interfasici sono in piena efficienza.”

“Forse sono loro il motivo che trattiene ancora il Capitano dal fare rotta verso ASTO4.”

“Credi? Io invece penso che ancora non si sia ripreso del tutto dalla morte del Comandante Mark. Si senta in colpa e lo capisco, ma non era in suo potere evitarla.”

“Questo lui non l'ha mai detto. Non so nemmeno cosa abbia riportato durante il colloquio con il Reggente Provvisorio. E non è l'unica cosa di cui non parla…”

“Capisco cosa intendi. Nemmeno con me si confida. Passa le sue ore nei suoi alloggi o sul ponte di comando. È strano…”

E Gedro inclina la testa pensieroso, mentre, con gli occhi, segue il movimento leggermente ondulatorio delle fiamme azzurre attorno al motore.

“Avrei detto di conoscerlo bene - quasi più a fondo di quanto io conosca me stesso - eppure c'è qualcosa che mi sfugge, in tutta questa storia. Ailija era una soresiana ed i soresiani sono sempre stati fedelissimi al Protettorato. Questo il Capitano lo ha sempre saputo e, del resto, egli è sempre stato insofferente all'ingerenza eccessiva di NOVA TERA…”

“Questo è vero. Ma probabilmente non sarebbe arrivato ad avere il comando della CITRONELLA se non fosse stato per il Governatore Jericho.”

Gedro fece una smorfia di approvazione.

“Eppure non l'ho mai sentito lamentarsi della presenza della soresiana a bordo.”

“Perché era un eccellente Navigatore, forse il migliore che la CITRONELLA potesse aspirare. Sebbene i medianici sono particolarmente in sintonia con i processi dell'interfase, Ailija era pur sempre un'empatica: un'Eterea per l'esattezza e lei non era solo in simbiosi con l'interfase. Probabilmente lei e l'interfase erano la stessa cosa!..”

“Vuoi davvero dire che non te ne sei mai accorto?”

Gedro lanciò uno sguardo divertito verso Ghermano.

“Accorto di cosa?”

L'ufficiale in seconda sorrise e gli diede una leggera gomitata.

“Sei o non sei lo scienziato di bordo? Andiamo! Stepan aveva una storia con lei! Credo davvero che ne fosse innamorato sul serio.”

Ghermano fissò pensieroso l'amico.

“Non è che non lo sapessi, ma, forse, sarebbe stato meglio che così non fosse. Un'Eterea è qualcosa di più che un essere empatico. È una presenza innaturale dell'ALTRODOVE nel VERODOVE e ciò non è mai un bene. Abbiamo pur visto ciò che è accaduto quando il vortice interfasico creato dalla CITRONELLA si è incrociato con quello della LIBELJA, permettendo così di aprire quel varco che ha posto il VERODOVE in contatto coll'ALTRODOVE... due mondi così talmente contrapposti ed in antitesi tra loro, non dovrebbero potersi incontrare. Quello che ne potrebbe nascere… bé, forse è proprio quello che è successo: il collasso del tessuto spazio-temporale e la distruzione della materia che ne era venuta in contatto...”

“La disintegrazione della LIBELJA è stata terribile.”

“Io non credo sia stata colpa di Ailija, anzi: le sue procedure hanno salvato la CITRONELLA. Lei non poteva sapere della presenza della LIBELJA. Nessuno ne era stato informato.”

“Probabilmente è andata così…”

Ghermano si sporge verso il motore. Le fiammelle azzurre ora stanno scomparendo. Si allontanano, come assorbite dall'aria. Il motore interfasico continua con il suo rumore ovattato e familiare.

“Ma Stepan deve per forza sapere qualcosa di più, perché altrimenti non mi spiego il suo comportamento di questi giorni.”

“Dagli tempo.”

RONIA ruota indifferente alla nave in orbita attorno ad essa. Nello spazio nero e profondo, il pianeta è come una goccia di rugiada su un tavolo di legno scuro. E le venature sono le strisce bianche delle nebulose in infinita lontananza.

Qual è il confine che separa la sofferenza dalla rassegnazione? Dove inizia la malinconia e dove invece finisce il dolore? Per quanto tempo ancora bisogna attendere che arrivi il momento…

Sotto di lui, lo spazio infinito è una distesa vuota e nera. È l'inizio e la fine della materia ed è la consolante finestra sulla sua vita. È anche il varco che gli permetterà di raggiungere la sua Ailija. Deve solo poter trovare il modo.

Stepan fa compiere un giro completo alla sedia attorno al suo sostegno. Reclina la nuca sullo schienale e distoglie lo sguardo dal pavimento trasparente.

È di notte, che Ailija gli manca di più. Ed anche in momenti come questi, in cui siede al posto del Navigatore e guarda quello che lei guardava.

Mentre era davanti al Reggente Provvisorio, nella medesima stanza che era stata di Jericho, gli oggetti ed i mobili, che una volta gli erano stati familiari, in quel momento gli erano parsi così estranei da essere quasi sconosciuti. Osservava la lucida superficie della scrivania e le poltrone di pelle scura. In quella stanza il Governatore gli aveva assegnato il comando della CITRONELLA e lì, probabilmente, era stata anche Ailija.

Il grande lampadario di cristallo, che Jericho non accendeva mai, sovrastava minaccioso, allora come sempre e la vasta vetrata, dietro la scrivania, era aperta sul parco malinconico ed in pieno autunno. Tutti quelli che venivano al cospetto del Governatore rimanevano colpiti dalla splendida visuale sul parco ed, in questo, Jericho confidava per poter osservare, con comodo, chi gli stava di fronte. Molte volte Stepan aveva sentito su di sé lo sguardo indagatore di Jericho e ciò gli provocava ogni volta una strana sensazione. Egli aveva sempre creduto di essergli affezionato e grato, anche, per l'interesse - che allora gli pareva sincero - aveva avuto il Governatore per lui. Ma ora, dopo tutto ciò che era accaduto, gli rimaneva solo quella indifferenza, che gli copriva il cuore e lo faceva dubitare di se stesso.

Stepan fece fare ancora un giro alla sedia.

Era un'indifferenza che faceva male, però. Ailija avrebbe saputo certamente cosa dirgli.

Le fiammelle azzurre vengono a lui lentamente, attraverso le pareti. Come attirate le une dalle altre, volteggiano in una danza silenziosa. La fioca luce che emanano è fredda, eppure, per Stepan, è consolatoria.

“Se solo poteste parlare…”

Le fiamme volteggiano quasi gioiose, avvicinandosi a lui in lente spirali. Gli sfiorano i capelli e la pelle del viso.

Stepan alza le mani, volgendo verso di loro i palmi aperti ed esse vi si posano tremolanti. Le piccole fiamme gli danno la medesima sensazione dei fiocchi di neve che cadevano lenti su di lui durante gli inverni della sua infanzia, a NOVA TERA. Sorride di se stesso. Quando si lascia raggiungere da quei ricordi, la realtà che lo circonda diviene meno nemica.

“Capitano, le procedure dei rifornimenti si sono concluse senza intoppi già da due settimane. Ho provveduto a completare anche tutte le diagnostiche dei sistemi e la CITRONELLA è pronta per la partenza. È ancora intenzionato a far rotta per ASTO4?”

Le fiammelle si stringono dentro le sue mani, come se volessero essere riscaldate.

“Signore, c'è qualcosa che la preoccupa?”

“Hai mai la sensazione che non sia ancora giunto il momento?”

“Intende quando non c'è nulla che lo impedisca?”

“Si.”

“Definisca quella sensazione.”

“È come se davanti a te ci fosse una gradinata e sai che dovrai affrontarla, prima o poi, ma ancora non senti di avere la forza necessaria nelle gambe…”

“Forse, con un po' di allenamento. Voi esseri umani siete capaci di grande forza di volontà.”

Stepan sorride.

“Esistono prove per le quali un po' di allenamento non basta.”

Si alza dalla sedia e le fiamme sfuggono da lui, rimanendo sospese sul suo capo. Silenziosamente, esse brillano.

“Imposta la rotta per ASTO4 e appena pronto, procedi pure con l'attivazione dei motori. Vediamo di richiamare a bordo tutto l’equipaggio.”

“Bene, Capitano, non ci vorranno più di due ore.”

Stepan osserva il riflesso delle fiamme azzurre sul metallo della nave. Sembrano più vivide, a tratti, per poi quasi svanire, come fossero cangianti nell'aria.

A che serve attendere oltre?

Non ho, forse, aspettato abbastanza?”

continua


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venerdì 20 marzo 2009

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Un giorno prima della primavera…

Una magherita davanti ad altre quattro margherite!

Image by p!o via Flickr

Con gli occhi chiusi e gonfi

ed un leggero sbadiglio sulla bocca che è simile ad un sorriso…

Sembra che tu appartenga ad un altro mondo,

invece sei qui,

piccola bolla di sapone,

leggero e bianco, come una margherita…

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mercoledì 18 marzo 2009

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tratto da “RITORNO AD ALTRODOVE”

Lascio qui alcuni brani tratti da "Ritorno ad Altrodove" che, ricordo, è edito da Boopen e che potete trovare sul sito della casa editrice.



«RITORNO AD ALTRODOVE»

di

Daniela Gambo Bregant

Ringrazio tutti quelli che mi hanno ispirato e che non lo sanno.

Un grazie a Cristina, che ha corretto le bozze del primo paragrafo e che mi ha incoraggiato a continuare.

Grazie a Bettina ed a Stefano, che mi sono stati accanto, ad Alessio, che è il mio peggior critico e grazie poi a Federica e Max.

Un grazie speciale a Laura Negrini, che ho avuto l'onore di conoscere ed a Stefano Alfiero D'Aprile, a cui mi sarebbe davvero piaciuto fargli leggere queste righe...



In treno tra Gorizia e Trieste, Maggio 2005 – Marzo 2007

Tutti i diritti letterari di quest’opera sono di esclusiva proprietà dell’autore.





«Ritorno ad Altrodove»



PARTE PRIMA



DAGLI APPUNTI DEL PROFESSOR … DOCENTE DI CHIMICA INTRASPECIE

1 - ALTRODOVE: L’ESPERIMENTO

2 - ASTO4, CONFINE DI UN UNIVERSO

3 – DAL DIARIO:

Soggiorno su ASTO4

Le rovine sommerse

Cinque anni dopo

4 - DOLINA6

5 – A BORDO DELLA «CITRONELLA»

.. e venne l’inizio

stralcio dal diario di un Familiare

6 – MISSIONE «NOVA TERA»

Perché la CITRONELLA...

La cena di Lavinia





PARTE PRIMA



DAGLI APPUNTI DEL PROFESSOR ... DOCENTE DI CHIMICA INTRASPECIE

«Ci sono momenti, nel percorso dell’esistenza, in cui gli accadimenti sembrano venirci incontro in un alone di mistero ed assumono i contorni sfuocati della predestinazione.

La vicenda, alla quale ho assistito, mi ha segnato profondamente, benché io ne fossi stato solo un marginale spettatore - e se mai la mia presenza abbia in qualche modo disturbato i perfetti cerchi concentrici che sono propri della superficie dell’acqua quando viene colpita da una pietra, questi non erano certamente più forti della semplice brezza che increspa il cammino dell’onda...

«La nascita e la morte sono ugualmente terribili e dolorosi. Della prima non ne serbiamo memoria e della seconda, pietosamente, non ci è dato accorgercene...

Dire che ho accompagnato, attraverso la nascita e verso la morte, innumerevoli vite, può in un primo momento apparire terribile, ma ciò non fa di me un mostro. Nella mia lunga esistenza, le stagioni e gli anni si disperdono nella polvere e nella disconoscenza del trascorrere del tempo e ciò mi permette una visione di insieme dello sviluppo di una società, la quale è completamente ignara dello spettatore.

«E tutto ebbe inizio con lo schiudersi di un singolo uovo...

1 - ALTRODOVE: L’ESPERIMENTO

Il cieco istinto portò la creatura a spingere in fuori i denti per rompere la membrana che l’avvolgeva. Quella membrana era così resistente che gli occhi le si annebbiarono per lo sforzo. Non riusciva a chiedere aiuto né ad articolare alcun suono: la bocca era impastata e piena di un secreto appiccicoso e dal gusto amaro. L’impellente bisogno di sputarlo la spinse a lavorare ancora più freneticamente, agitando tutto il corpo e battendo i pugni.

Aveva vissuto intrappolata lì dentro fin dall’origine e pure ora la fame d’aria – prima d’allora sconosciuta – la spingeva a ribellarsi. Fu con un ultimo sforzo violento che il guscio che la racchiudeva cominciò a cedere. Con uno stridio, la crepa ebbe inizio. Non riusciva a metterla a fuoco del tutto, ma sentiva che era lì e continuò a spingere, puntandole contro i piedi. Il guscio cedette all’improvviso ed alla creatura sfuggì un grido soffocato. Ne emerse e l’aria fredda le penetrò dentro i polmoni facendole male. Fu così che pianse per la prima volta.



“Certo che è difficile prevedere l’imprevisto!”

La femmina roteò gli occhi ed i piccoli peduncoli ai lati della bocca vibrarono impercettibilmente.

“Ecco che viene colui che ha scoperto l’acqua calda!”

La guardò incerto ed il lampo di derisione che vide nei suoi occhi lo fecero decidere per il risentimento.

“Andiamo, non te la prendere!” disse la femmina con un sorriso.

“Credo che neppure tu avresti potuto fare di meglio! I neutri sono sempre stati imprevedibili e non avvezzi alla comunità. Non c’era altro da fare che quello che hai fatto... tutti noi abbiamo fiducia in te e ciò che è accaduto non cambierà certo le cose.”

Il maschio si passò la mano sul cranio nudo, accarezzandosi le scaglie asciutte.

La presenza di lei, malgrado non volesse ammetterlo, in qualche modo, lo rassicurava. La sua persona emanava un buon odore di pulito ed era piacevole pensare al corpo di lei, flessuoso, così vicino al suo, in un confortevole e fraterno abbraccio.

Tuttavia, nella sicurezza della sua presenza, pure si insinuava il dubbio che nemmeno lei avrebbe potuto capire davvero la portata di ciò a cui stava realmente lavorando. Era più di una sensazione: ne era certo. La consapevolezza che aveva intravisto nei movimenti del piccolo doveva per forza denotare qualcosa di più che il semplice istinto. La Legge che gli legava le mani inevitabilmente doveva venire infranta davanti al progredire della conoscenza, così come quest’ultima non poteva altro che mettersi in ginocchio davanti all’evolversi della vita.

Ma era altrettanto consapevole che la paura dell’ignoto aveva molti adepti fra la sua gente e quell’unico essere, così infinitamente piccolo ed indifeso, se portato alla luce, avrebbe davvero potuto scatenare un’insensata caccia alle streghe. Andava custodito gelosamente: per poter raggiungere la consapevolezza, era necessario covarlo nell’ignoranza.

Strinse gli occhi in due piccole fessure e guardò la femmina posare le stoviglie appena lavate sul tavolo. La luce obliqua del sole le illuminava la pelle e le sue scaglie brillavano di splendide sfumature verde smeraldo.

No, nemmeno lei avrebbe capito.

Il vociare fuori della capanna lo distolse dai suoi pensieri.

“Ed ora che accade?”

Uscirono entrambi e la fresca aria del mattino li avvolse.

Rimasero uno di fianco all’altra, nell'attesa che gli arrivati li raggiungessero. Era inusuale che qualcuno si prendesse il disturbo di arrivare fino a lì. La landa, dove dimoravano, era deserta per molte miglia. Il maschio l’aveva scelta per questo ed erano stati entrambi d’accordo che era perfetta. Le alture rocciose li proteggevano dai raggi infuocati del sole e mantenevano fresca la notte, che altrove sarebbe calata gelida. Soprattutto, la lontananza dai centri abitati assicurava loro pace e discrezione, caratteristiche indispensabili per il loro lavoro.

Quando i visitatori furono più vicini, essi poterono riconoscere le fattezze del Primo Ministro delle Scienze, accompagnato da due sudatissimi portaborse e da un divertito ed ironico Sindaco.

“Che la pioggia benedica il vostro raccolto!”



Andavano su per il sentiero tenendosi a debita distanza, un po’ per l’etichetta e un po’ a causa del sentiero accidentato.

“Sono sempre stato contrario ad ogni tipo di esperimento: la natura è qualcosa di sacro e mutevole, con cui non è bene interferire...”

Per essere un bifolco parla bene!

“In ogni modo, purtroppo, la collettività la fa da padrona e un povero ministro deve pur sapersi adattare...”

Qui fece una pausa e la bocca sottile si allargò in un sorriso sproporzionato.

“Io e lei siamo simili, mio caro Sindaco, entrambi a capo di un vascello in balia delle onde, che va opportunamente imbrigliato e guidato! Certo, nel suo caso non si può a ben diritto parlare di imponente nave da guerra!” ed il suo sorriso si trasformò in una smorfia.

Lupo con sembianze da pecora!

“Chi è nato fra queste rocce è sfortunato, ma se questi si intestardisce a volerci vivere, bé... è certo un bifolco!”

L’epiteto piaceva molto al Primo Ministro e dentro di sé andava ripetendo bifolco! Bifolco! Bifolco!

Il Sindaco, che camminava ad una certa distanza accanto a lui, pareva barcollare eppure non cadeva mai.

Il bifolco cammina con i piedi ancorati a terra!

La sua sensibilità era disturbata dal disagio del Sindaco che lo accompagnava. L’umile deferenza, di cui era solito essere oggetto, lo appagava, ma ora, con quell’essere, percepiva vagamente un’ombra di derisione, la stessa che aveva intravisto sui volti dei Consiglieri durante l’ultimo Congresso. Certo, essi parteggiavano per la guerra e vedevano cose che per lui erano incomprensibili, ma da un bifolco la cosa era inaccettabile: egli doveva pure essere sottomesso!

“Ecco che viene la fine del sentiero, finalmente!” ed era certamente ora, tenuto conto che i suoi piedi reclamavano un tiepido pediluvio!

Il Primo Ministro alzò la mano ed allargò le tre dita, sì che le membrane che le legavano si distesero rilucendo alla luce opaca del mattino.

Il maschio e la femmina, fuori della capanna, risposero al suo saluto.

“Che la pioggia benedica il vostro raccolto!” ed il Primo Ministro sospirò dentro di sé perché lunga sarebbe stata quella giornata e la sensazione che tutti i suoi sforzi sarebbero, alla fine, risultati vani, gli annodava le viscere.

Entrarono nella capanna scostando la tenda che fungeva da porta. Dentro vi era solo l’essenziale: un tavolo e due sedie in mezzo, una panca contro il muro, completamente sommersa di vesti, una vasca di pietra ancora piena d’acqua e di stoviglie e, dappertutto, libri aperti su leggii od impilati a terra accanto a cumuli di rocce – la gran parte catalogate – e casse di provviste semiaperte. Nell’angolo, in fondo, accanto al grande camino di pietra – che da solo occupava quasi tutta la parete – vicino al focolare con le braci ancora calde sotto la cenere, erano stati stesi i sacchi a pelo ancora da risistemare.

Il sole faticava ad entrare dalle piccole aperture poste subito sotto il soffitto e così un’informe massa di cera – che una volta doveva essere stata una candela – mandava ombre leggere sui muri nudi.

Bifolchi! Pensò il Primo Ministro sono tutti bifolchi!

Si fermò davanti al tavolo ed aspettò che gli venisse offerto ristoro, ma la femmina si sedette appoggiandosi le mani in grembo ed il maschio si mise dietro di lei, fissando un punto lontano. Il Sindaco, evidentemente a casa sua, aprì un barattolo appoggiato sopra il camino, annusò la polvere scura e, soddisfatto, si accinse a prepararsi una tazza di bevanda.

Il Primo Ministro sospirò e si sedette sull’altra sedia rimasta vuota. Si guardò attorno, sconsolato.

Doveva subito entrare nel discorso? Non era sua indole sconvolgere l’ordine naturale delle cose. Nella sua posizione - se ne rendeva conto - aveva ben poco potere ed ancora meno era la sua influenza riguardo questa guerra che i Consiglieri sembravano volere. S’era interrogato, sia pure per un breve momento, sull’utilità di informare questo scienziato solitario sulle oscure ragioni che aveva spinto il Consiglio a mandarlo fra quelle alture rocciose. Come un idealista, fautore dell’evoluzione comune a tutte le razze, potesse essere di qualche utilità al proprio popolo per fermare l’espansionismo dei nedoviani nel loro quadrante, non gli era ben chiaro, ma non si era sforzato nemmeno molto, di capire: pure lui poteva vedere che altre e segrete erano le ragioni dei Consiglieri.

E non voleva davvero saperle.

2 - ASTO4, CONFINE DI UN UNIVERSO

Esistono così tante leggende legate all’ALTRODOVE!

Sono in molti a credere che questo mondo parallelo non esista, altri invece lo identificano nell’universo che ogni essere senziente racchiude in sé.

Paradiso od inferno che sia, nelle mie lunghe ricerche non sono mai riuscito ad avvicinarmi all’ALTRODOVE più di quanto sia successo nel mio breve soggiorno su ASTO4. Questi è poco più di un pianeta - avamposto lontano e sperduto ai confini dello Spazio conosciuto - unico mondo con un'atmosfera a trovarsi sul limite tra il quadrante Diciotto ed il quadrante Alfa.

Nel perenne crepuscolo che lo avvolge, pacatamente scaldato com’è da una Gigante Rossa che si sta lentamente spegnendo, ASTO4 appare come una landa piatta e priva di asperità, ricoperto quasi interamente da un unico mare vischioso e brillante.

Eppure è sede di spettacolari costruzioni - certo ormai erose dal tempo – rovine di palazzi, piattaforme concepite per immense navi atte a viaggi interstellari, enormi bassorilievi di antichi titani senza volto che avevano eletto a sacro tempio della conoscenza questo minuscolo pianeta.

Ciò che ora rimane dei misteri mai del tutto svelati degli Antichi Visitatori del passato, sono queste vestigia di pietra rese lucide dal passare dei millenni. Esse sono state preservate da chi è giunto poi su ASTO4, studiate o dimenticate nei vari cicli di tempo che si sono susseguiti. Oggi sono una delle Cento Meraviglie dell'Universo dell'ALTRODOVE (le superbe C.M.U.A.) e sono state dichiarate opere protette.

Molte leggende e molti studiosi delle C.M.U.A. riportano con sicurezza che le Rovine di ASTO4 nascondino la verità sulla nascita dell'ALTRODOVE. Ma nessuno è mai riuscito a svelarne i misteri, a decodificare il linguaggio dei Visitatori ed a strappare il velo che cela - come una fitta coltre di nubi nasconde il colore del cielo - il sapere antico.

La Stele è un'altra leggenda sugli Antichi Visitatori di ASTO4. Allora il pianeta aveva un altro nome, era detto SOLIENTE, colui che dorme senza memoria e da sempre questa pietra grigia striata d'azzurro, che è la Stele del Soliente, esercita una forte attrazione per le creature medianiche che provengono dall'universo dell'ALTRODOVE. Forse il perché ASTO4 sia considerato la porta che conduce all’ALTRODOVE risiede nel suo essere un mondo d'acqua, dove i cicli del mare e delle piogge regolano tutte le vite che si fermano qui. Non ci sono indigeni e benché l'aria sia dolce e respirabile, su questo mondo non è mai sbocciata la vita senziente, solo alghe che si nutrono di sale e fiori enormi e meravigliosi che vivono poche ore, il tempo per riempirsi d'acqua e trasformarsi in enormi otri. È l'acqua del cielo l'unica potabile e priva di veleni. Ora su ASTO4 sono stati costruiti enormi contenitori per la raccolta dell'acqua - essi svettano imponenti come tozze costruzioni grigie e circondate da grosse condutture - ma quando vennero i primi esploratori questi utilizzarono le enormi uova dei fiori che raccolgono la pioggia.

Dico uova perché sembrano proprio uova... sono grandi alcuni metri di diametro, gonfie e lucide e sono spesse un paio di centimetri. Sono lisce come pietra lucidata, di un colore bronzeo.

E puzzano.

Mentre i fiori sono profumati - vagamente ricordano il sapore della pesca - le uova d'acqua, vengono chiamate così, hanno un forte e pungente odore di salsedine misto ad un acre sentore di alghe putrescenti.

Si trovano un po' dappertutto, disseminate sulla terraferma.

Esse rifuggono il mare: le piante sembrano non attecchire dove la concentrazione del sale è maggiore, poiché quello è il regno delle alghe. Sono, queste, organismi unicellulari e sono così numerose che la grande distesa d’acqua, che avvolge il pianeta, brilla luminescente la notte, come una gigantesca medusa palpitante e verdastra.



Come capitai a visitare ASTO4 fu soltanto per caso, la meta inusuale dettata dalla curiosità verso ciò che comunque non ho mai veramente compreso. Ma vi andai soprattutto per Jorya.

Jorya è la mia donna-gatto, dai lunghi capelli azzurrastri, la mia personale ossessione che mi ignora e che da due giorni si aggira sul limitare del mare, nervosa e tesa e senza mai stancarsi.

Quando Jorya fu iniziata alla Conoscenza e, per la prima volta, entrò in contatto con il mondo medianico che risiede su ASTO4, essa fu portata alla presenza della Stele per poter essere contrassegnata. Non so se la Stele esista veramente nel VERODOVE o se si trovi in un universo parallelo e raggiungibile solo dai mediatici, Jorya non ha mai voluto o potuto parlarmene, ma essa ha lasciato il suo segno, simile ad un tatuaggio indelebile, che la marchia in questa sua paura dell'acqua.

Lei porta i capelli lunghi, sempre sciolti e sempre freschi di shampoo. Da che io ricordi, lei ha sempre odorato di vaniglia. È più di un profumo, è qualcosa che traspira dalla sua pelle e che esce dalla carne stessa. È alta e filiforme e si muove con l'agilità di un gatto, senza alcun rumore e priva di gesti bruschi e se non fosse per quella sua essenza di vaniglia che lascia sulle cose che tocca o nell'aria delle stanze che attraversa, potrei anche non accorgermi della sua presenza. I suoi lineamenti, i suoi tratti sono vagamente alieni: occhi troppo grandi e scuri - in cui le pupille si confondono con l'iride - bocca troppo larga e denti troppo piccoli ed appuntiti.

Il mio incontro con lei non è stato un vero e proprio incontro. Potrei descrivere quel giorno - e forse lo farò - ma è più esatto dire che prima non la conoscevo e dopo semplicemente lei c'era. Senza che me ne accorgessi, giorno dopo giorno, quella strana creatura è entrata nella mia vita, l'ha invasa e l'ha riempita di dolce musica e di essenza di vaniglia.. e poi - lentamente e senza darlo a vedere - l'ha riempita e resa impossibile da vivere senza di lei.

continua



5 – A BORDO DELLA “CITRONELLA”

Quella porta chiusa, grigia e fredda, pareva un ostacolo insormontabile. Appoggiò una mano sul metallo.

Posso sentire il tuo respiro al di là della paratia...”



Guardava fisso davanti a sé, mentre, sullo schermo, le carte stellari si susseguivano lentamente, secondo l’ordine che aveva impartito. Ma i suoi pensieri erano lontani. Rivedeva gli occhi di lei, dalla sfumatura del colore dell’oro, spalancati ed assonnati e risentiva il suo respiro e le sue mani fredde e lontane. Come se in quel momento, lei fosse stata l’inizio ed anche la fine.

La stanza odorava dei profumi del bagno. Si passò la mano fra i capelli ancora bagnati. Non sapeva nemmeno pronunciare il nome di lei e, stranamente, non aveva importanza. Il cicaleccio della porta interruppe i suoi pensieri.

“Avanti” ma nessuno rispose. Si alzò e fece scattare l’apertura manuale. Rimasero a guardarsi per un lungo istante.

“Posso entrare?”

“Veramente” si guardò attorno “stavo per andare a dormire.”

Ed ad un tratto si sentì quasi a disagio per la maglietta ed i pantaloni di felpa leggera. Lei parve non accorgersene o, forse, non lo stava guardando nemmeno. Era lì in attesa, lo sguardo oltre la sua spalla, estranea ed inavvicinabile, irreale come se la sua anima fosse altrove. Avrebbe dovuto mandarla via, non permetterle di toccarlo.

“Vieni” le disse e, mentre lei entrava, era come se lui perdesse una parte di se stesso.



Dopo, con la testa di lei appoggiata nell’incavo del braccio, cercò di riannodare i fili di quella storia. Lei dormiva e lui vegliava. Ed a tenerlo sveglio la consapevolezza che avrebbe anche potuto amarla, ma che lei non gli avrebbe dato più di quello che gli dava ora e non bastava.

Chiuse gli occhi e, mentre il profumo di lei lo avvolgeva, si lasciò sommergere dalla stanchezza. Rimase un momento indeciso, sull’orlo del baratro, poi scivolò giù, piano, nel sonno.



Quando si svegliò, lei non c’era.

“Bene” pensò. Non avrebbe saputo cosa dire.

Il profumo del caffè saturò l’aria della cabina. Il silenzio aveva un che di familiare ed il computer sul tavolo emetteva un leggero brusio.

Sono in attesa di un suo comando.”

Il computer aveva sensori un po’ dappertutto e l’intera nave ne costituiva il corpo. Lo avevano dotato di una voce maschile, dolce e suadente, ma a volte pareva assumere una nota di derisione per gli umani che vivevano dentro di lui. Certo avrebbe preferito di gran lunga la voce monotona e priva di inflessioni delle versioni precedenti.

Durante la nostra rotta verso NOVA TERA, con una deviazione di pochi anni-luce, saremo in prossimità di un interessante sistema binario ancora in fase di formazione. Penso che sarebbe davvero di grande interesse poterlo studiare...”

Il sapore del caffè era decisamente forte.

... le nostre direttive principali possono ritenersi compatibili con tale rotta...”

Lo zucchero era rimasto in fondo alla tazza e l’ultima parte del caffè era particolarmente dolce.

Dopo un attimo di silenzio la voce del computer riprese:

Ha avuto una buona notte, Capitano?”

Alzò lo sguardo sul sensore e si chiese se ci fosse dell’ironia in quella voce, qualcosa che potesse denunciare una qualche forma di autocoscienza. Ignorò la domanda ed appoggiò la tazza di caffè sul tavolo. Si sedette davanti alla tastiera e si passò la punta della lingua sui denti.

Iniziò il lavoro.

...continua



.. e venne l’inizio

La luce pulsava piano come una piccola medusa nell’acqua cheta. Nell’oscurità dell’hangar, pareva un piccolo gioiello abbandonato. La presenza dell’ALTRODOVE era prepotente, quasi tangibile e l’Eterea ne era invasa. Il suo corpo, a tratti, perdeva quasi consistenza e diveniva ombra luminosa. In quei momenti, ella poteva intravedere le alture desertiche attorno a lei, il calore che le era familiare perché insito nella sua stessa carne.

Scorgeva i tre soli che rendevano l’ALTRODOVE privo di vita ed il cui calore sgretolava i sassi e li tramutava in polvere. I suoi piedi nudi scivolavano sull’impiantito dell'hangar ed affondavano allo stesso tempo nella sabbia. Erano sensazioni contrastanti, di freddo metallo e di terra calda e penetravano in lei, avvolgendola in un duplice mantello che la copriva e la spogliava insieme.

Si accovacciò ad un paio di metri di distanza dalla fonte della luce. Forse qualcosa si muoveva dentro di essa, ma era lì davvero?

Oppure era dall’altra parte, oltre quegli squarci che si aprivano attorno a lei. Con le dita, tastò la terra attorno ed i bracciali che portava al polso risuonarono contro il pavimento dell’hangar. La luce diveniva ora più intensa, si ingrandiva ad ogni battito ed avanzava verso l’Eterea come la fiamma di una candela verso uno spiraglio d’aria. La luminescenza si spandeva, allungandosi avida verso la figura accovacciata, simile ad una mano protesa. Gli occhi dell’Eterea erano splendidi ed il colore oro dell’iride brillava vivido, immersi nell’aria rarefatta dell’ALTRODOVE.

Esseri nuovi, brulicanti, erano attorno a lei. Emanavano un odore penetrante, simile a legno bruciato. Erano nudi - qualcosa di simile tra una mantide ed un essere antropomorfo - con braccia esageratamente lunghe, e con aculei simili a spine conficcate nella pelle. Avevano mani prensili che, però, non erano davvero delle mani. La testa schiacciata era sormontata da grandi occhi verdi, la pelle cerulea e spessa, simile al cartone, vibrava come una tela tesa al vento. Si stringevano gli uni contro gli altri, si sormontavano, cadevano e venivano sommersi dai loro compagni. Non erano più alti di una trentina di centimetri e dalla bocca spalancata uscivano squittii modulati da una strana membrana posta dietro i denti aguzzi.

I versi salirono di tono all’improvviso ed i movimenti di quegli esseri si fecero più frenetici: come un’onda, la paura sommerse l’Eterea.

“Ecco che viene...” e fu come se l’aria dell’ALTRODOVE prendesse forma. I corpi degli esseri furono attraversati da brevi scariche azzurrastre ed il sibilo del vento torrido si fece sentire. Le prese la nausea e la pelle degli esseri cominciò a sfrigolare, a spaccarsi e venne anche il dolore. Alcuni si nascosero sotto i corpi di quelli che morivano e furono loro quelli che si salvarono.

«L’Anomalia nasce dal cielo e scende dolcemente, simile ad un’aurora boreale, rischiara il crepuscolo e colora l’alba. Il suo divenire è più devastante del fuoco, perché brucia con il solo soffiare del suo respiro...»

L’Eterea respirava affannosamente. Si strinse le mani al collo: brividi di freddo percorrevano la sua pelle perché l’hangar della nave non era riscaldata ed, allo stesso tempo, le era difficile respirare perché l’aria dell'ALTRODOVE era torrida. Poi trascorse un istante che si dilatò nel tempo e, lentamente, attorno a lei, i colori e le grida si stemperarono in lontananza. Rimasero solo gli echi delle grida di chi era morto.

I suoi occhi non riuscivano a vedere, erano ancora pieni di luce e faticavano a riabituarsi alla penombra.



Forse sono passati pochi minuti o forse delle ore.

L’Eterea si alza in piedi e la certezza di essere viva calma i battiti del suo cuore. Quando, piano, torna a vedere, l’aspetto familiare della CITRONELLA la tranquillizza. Ha un sapore amaro in bocca ed una leggera stanchezza si impadronisce del suo corpo.

Non le sono sconosciute queste fusioni della mente con l’ALTRODOVE. Esse, durante l’infanzia, hanno popolato i suoi sogni e poi, quando è cresciuta, si sono manifestate nella veglia.

Raramente, però, ha assistito al potere di un’Anomalia.

L’ALTRODOVE è fatto di malinconia e di calore, di sabbia e di alture desertiche. Esso la chiama a sé nei momenti dolci dell’alba, quando i suoi tre soli sorgono insieme.

L’ALTRODOVE è un mondo privo di vita, popolato solo da entità incorporee che sono incapaci di evolversi e di adattarsi al VERODOVE. Il vento caldo, che instancabilmente spazza l’ALTRODOVE, ha la delicatezza della brezza ed insieme la devastante forza dell’uragano. Mai aveva incontrato esseri dotati di corporeità fra quelle alture rocciose. Qualcosa era stato alterato, lo sentiva con ogni fibra del suo corpo: l’ALTRODOVE si stava risvegliando!

Quando alzò il braccio verso il passamano delle scale che conducevano fuori dell’hangar, vide la sua mano perdere di consistenza e le dita farsi trasparenti. Si guardò prima il dorso delle mani e poi il palmo e vi vide, attraverso, la parete di fronte.

Durò solo per un istante, poi tutto tornò come prima.

«È ancora più spaventoso allora: non solo l’ALTRODOVE si sta risvegliando, ma acquisisce forza... egli si insinua nel VERODOVE, assorbendone la materialità per trasformarlo in calore…

«Ed il processo è già cominciato.

...continua



Stralcio dal Diario di un Familiare

«Jorya, Jorya, Jorya, mia dolce follia, come può qualcuno non trovarti irresistibile?

Le tue unghie sottili graffiano nervose il lucido tavolo della biblioteca “ticchete e ticchete” fanno monotone ed il suono sembra amplificato per il silenzio che c’è.

«Quest’oggi mi hai volutamente ignorato e lo capisco: questa lunga attesa sfibra anche me. Il viaggio sembra non finire mai. La distanza tra i pianeti sembra dilatarsi così come i tuoi minacciosi occhi verdi... non posso non notare il brivido che ti percorre la schiena ogni qualvolta avverti la presenza dell’Eterea.

«Ella è alta ed evanescente: in certi momenti traspira dal suo corpo la dolcezza delle forme e poi, ad un tratto, è vacua e filiforme come un’ombra. Sembra apparire e svanire, in perenne trapasso tra ALTRODOVE e VERODOVE...

«I suoi lunghi capelli scuri le scendono fin oltre i fianchi e le incorniciano il volto dalla pelle chiara. I suoi occhi appaiono troppo grandi, la pupilla si perde in un’iride color dell’oro e le ciglia sono chiare. Le sue mani hanno dita lunghe e perfette e le sue labbra sono pallide, quasi esangui. È una creatura che appartiene alla sabbia calda delle distese desertiche dell’ALTRODOVE. Esseri empatici ed inquietanti che, al tempo delle Grandi Colonie, furono etichettate come streghe e relegate su piccoli pianeti lungo il confine dell’Universo conosciuto. Molte di loro fecero ritorno all’ALTRODOVE e lì vi rimasero, sommerse dai suoi vortici.

«È singolare che proprio qui, su una nave umana, ci sia un’Eterea e che proprio qui essa sembra vivere una vita reale. Mi chiedo fino a che punto, mia dolce Jorya, tu ne subisca l’influenza.

«È a causa sua se la nave sembra non arrivare mai?

continua



6 – MISSIONE «NOVA TERA»

I sensori direzionali della Stazione orbitante erano stati disattivati a causa di alcuni problemi al computer automatico, sicché essi non permettevano l’allineamento tra le orbite della CITRONELLA e di DOLINA6 in tutta tranquillità. Per questo la nave interstellare attraccò alla Stazione con tre giorni di ritardo e lo fece con una manovra di avvicinamento che fu eseguita magistralmente dal giovane pilota della CITRONELLA, senza l’ausilio del corridoio di aggancio. Egli era forse il più giovane pilota in servizio ed era stato assegnato alla CITRONELLA da poco. Era allegro ed impulsivo tanto quanto il capo-pilota era severo e burbero. Quest’ultimo aveva forse cinquant’anni e, si diceva, era nato su una consolle di guida. Aveva un portamento rigido ed un corpo massiccio, forgiato da lunghi e duri allenamenti che si infliggeva quotidianamente: se non era in sala comando certamente lo si poteva trovare nella palestra della nave. Quando la manovra di attracco fu completata, il giovane pilota si applaudì da solo ed il capo-pilota lo fulminò con lo sguardo, senza peraltro dire una parola. Il Capitano gli si avvicinò e disse solo “bel lavoro!” e gli occhi del pilota brillarono soddisfatti.

DOLINA6 riempiva tutto lo schermo principale. Con le sue enormi sfere collegate fra loro da giganteschi corridoi, pareva un’immensa molecola di qualche materiale sconosciuto, immersa in un mare primordiale e senza luce. Brillava di riflessi rossastri e lentamente ruotava su se stessa: ora anche la CITRONELLA ruotava insieme con lei.

Propulsori principali e secondari spenti” avvertì il computer.

continua

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lunedì 16 marzo 2009

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I sogni non muoiono mai - parlando di Boopen...

Sembra che finalmente la primavera si stia risvegliando. Ora i prati si riempiono di margheritine ed i fiori gialli dei soffioni spuntano qua e là, ricordando alle api che è ora di svegliarsi. Oggi mi sono arrivate le copie de "Il terzo ramo della Galassia" che avevo ordinato per gli amici e conoscenti che me le avevano richieste. Così ho pensato di parlarvi di Boopen.

Ho già detto che ho deciso di pubblicare con Boopen perchè è un servizio on-line che non richiede contributi per la pubblicazione delle opere nè impone l'acquisto di un certo numero di copie. Certo è che, ovviamente, l'opera di distribuzione e pubblicità è ad esclusivo carico dell'autore. Boopen si attiva solo se l'opera riscuote un certo successo. E' il criterio di certo successo che è di libera interpretazione, comunque, quello che posso dire è che se un autore non ha velleità di diventare la prossima autrice dell'Henry Potter di turno, ma si accontenta del pubblico rappresentato da amici e conoscenti e, se è fortunato, dalla cerchia degli amici degli amici, posso tranquillamente dire: Boopen, perchè no?
Il servizio di stampa offerto è carino e, se la vostra opera è illustrata o a colori, le immagini sono davvero belle! Il servizio clienti è veloce e preciso e fanno esattamente quello che gli chiedi di fare.
Io credo di aver scritto delle belle cose, ma non sono davvero certa del valore a priori dei miei libri. Così ho deciso di non accettare proposte di pubblicazione con contributo - e devo, ad onor del vero, dire che sono le uniche che ho ricevuto - proprio perchè il dubbio legittimo che sorge in questi casi è: ma queste case editrici pubblicano il tuo lavoro solo perchè le paghi? E costa davvero così tanto il rischio che esse si assumono investendo su di te?
Ho scelto Boopen sopratutto perchè chi volevo raggiungere era un pubblico "amico" e che già mi conosceva, ma anche perchè l'emozione di vedere un libro scritto da noi, con lavoro e sudore alle spalle, rilegato e con tanto di prezzo e copertina, è una emozione che ogni scrittore non dimentica.

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mercoledì 11 marzo 2009

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COME INIZIARE UN LIBRO ED … ANDARE OLTRE!

Vi è mai capitato di avere una splendida idea che vi ronza nella testa, un perfetto inizio ma di non avere la più pallida idea di come fare per sviluppare la storia? Ebbene, a volte, la parte più difficile per uno scrittore non è l’inizio, ma proseguire col capitolo.

In una cartella del mio portatile ho una marea di file con i più diversi incipt, alcuni anche buoni e poi… il buio! Spesso ciò che manca non è tanto l’ispirazione per una buona trama o per dei personaggi originali, quanto dare un senso al libro. La cosa più orribile che possa capitare ad un libro è avere un inizio sensazionale che… si esaurisce da solo o, peggio, non porti da nessuna parte! Catturare l’attenzione del lettore non vuol dire soltanto invogliarlo a leggere, ma bisogna anche accompagnarlo fino in fondo alla trama e dargli la sensazione di aver letto qualcosa che ne valeva la pena. Ho notato che per certi scrittori sembra più importante la storia del modo in cui la presentano, ma non è così. Ogni trama vuole la sua particolare scrittura e la bravura di un autore sta proprio nella scelta dello stile più adatto. O meglio, la fortuna di un autore sta nel perfetto connubio dei due ingredienti.

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Quando scrivo un romanzo, procedo per diverse fasi: appunto sulla carta una trama di massima – qualche frase, non di più. Poi, spesso, dimentico il tutto in qualche cassetto. Lo riprendo a distanza di qualche tempo, leggo quanto appuntato ed aggiungo qualche limatura. A volte – senza un vero schema preciso – butto giù, d’istinto, immagini, vicende o, perfino, qualche paragrafo. Aspetto sempre qualche giorno prima di correggerlo e non credereste la quantità di errori che vi trovo! Ma, all’inizio, tutta la mia attenzione è concentrata sulla storia, sulle sensazioni esatte che voglio descrivere o trasmettere. Può capitare perfino che, magari giunta anche ad una cinquantina di pagine, il risultato che ho ottenuto non sia dei migliori. Magari la storia è troppo simile a qualcosa che ho letto o che ho già scritto e così mi interrompo.  A volte invece, continuo fino ad arrivare fino in fondo. Tutto questo può durare dai tre ai sei mesi.

La seconda parte invece è quella più difficile. Correggere le bozze (che può anche voler dire riscrivere interi capitoli), aggiungere delle sequenze (ché altrimenti la storia sembrerebbe tronca o difficile da seguire) oppure tagliare interi paragrafi e, credetemi, mi pare a volte di tradire lo spirito originale del libro. E sempre imperterrito continua il lavoro di correzione dell’ortografia, della sintassi, dell’impaginazione, della scelta dei nomi dei capitoli. De “Ritorno ad Altrodove” – che devo dire è il mio libro preferito tra quelli che ho scritto – esistono ben tre versioni precedenti quella definitiva che ho pubblicato. E tutte – nessuna esclusa – differiscono di molto. La prima versione è molto più corta ed alcuni personaggi hanno dei nomi che poi, nelle versioni successive, sono stati cambiati. Alcune delle vicende sono state anche “assegnate” ad altri personaggi, più in linea con il loro carattere. Nella seconda versione il finale era completamente diverso e non mi soddisfaceva per niente. Successivamente ho reinserito il capitolo riguardante l’esperimento delle creature altiane (ndr. “la capanna dove tutto ebbe origine”) che, a mio parere, è ben fatto e che mancava nella seconda versione. E questo è il lavoro più lungo, durato poco meno di un anno, ma decisamente intenso!

L’ultima limatura è stata inserire le illustrazioni – rigorosamente in bianco e nero e creati con l’ausilio di Photo To Sketch, un piccolo programma freeware scaricabile dalla rete.FilterImage

Il risultato è stato questo:

 Prossimamente inserirò nel blog alcune pagine del libro, per una piccola anteprima a chi dovesse interessare.


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martedì 10 marzo 2009

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Cosa c’è di noi in un racconto – introduzione a “Ritorno ad Altrodove”

Voglio precisare che quanto scrivo in questo post è rigorosamente una mia affermazione, presa e modellata dalla mia personale esperienza e non voglio assolutamente che prendiate quello che dico come se volessi insegnarvi a scrivere. L'etichetta si chiama, è vero, "l'arte dello scrivere" ma è una mia personale visione ed è così che faccio, non è null'altro.


Nei miei racconti e nei tre romanzi che ho scritto, c’è un comune denominatore: i personaggi principali possiedono delle caratteristiche che mi sono state ispirate da persone reali. Solitamente descrivo le fattezze fisiche dei personaggi con poche parole – colore degli occhi, dei capelli, altezza e magari corporatura – e questo perché vorrei ottenere l’effetto che sia lo stesso lettore a farsi una sua personale immagine del personaggio. Invece, sul carattere e sulla psicologia dello stesso spendo molte pagine – a volte anche troppe, mi è stato fatto notare – e questo lavorio rischia, a volte, di appesantire di molto la scorrevolezza della storia.



Naturalmente, i miei personaggi non sono tutti buoni o tutti cattivi, bianchi o neri. Il colore che apprezzo di più è decisamente il grigio e tutte le gradazioni del chiaroscuro, passando addirittura dal color seppia! Così, seguendo questo criterio, il personaggio principale de “Ritorno ad Altrodove”, il Capitano Stepan è un uomo leale, capace di rinunciare alla donna che ama in nome di un’amicizia, ma anche incapace di superare quel ricordo e, di conseguenza, le scelte passate ed accettare a pieno quello che un’altra donna gli può offrire.


E così potrei descrivere i lati opposti di altri personaggi:


- il Governatore Jericho, la cui ambizione lo porta fino al punto di sacrificare un’intera astronave con il suo equipaggio ed, allo stesso tempo, la sua disperazione per aver perso l’unica famiglia che avrebbe potuto amarlo; e che lo porterà verso il proprio sacrificio ultimo: rinnegare se stesso.


- il Capitano Zacherja, legato da vincoli di sangue con un’Eterea, ma che per salvare l’umano che lei ama, rinuncerà ai suoi principi.


- Crysteel, una donna che ha cresciuto un figlio da sola, ma che non ha saputo dedicarsi totalmente a lui, per non dover rinunciare a se stessa…


Sullo sfondo, la trama segue un filo conduttore molto semplice, quasi che sia solo un pretesto per la creazione dei personaggi che la compongono.


Naturalmente “Ritorno ad Altrodove” è molto più ricco: i personaggi sono molti e le loro vicende sono diverse e si svolgono in tempi differenti. Sono, a tutti gli effetti, antefatti che confluiscono insieme verso un unico punto centrale del libro, che è insieme anche la sua conclusione.


Questo romanzo l’ho scritto, riscritto e corretto per poi ricorreggerlo tante di quelle volte, che la stesura finale ha richiesto da sola quasi sei mesi. Devo dire che sono molto orgogliosa del risultato ed anche del fatto che mi ha procurato una proposta di pubblicazione, anche se poi non ho potuto accettarla.


Alla fine ho preferito Boopen e spero di aver fatto la scelta giusta. Con l’unica speranza che a qualcuno di voi venga la voglia di leggerlo.


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lunedì 9 marzo 2009

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MCMLXX– sotto il segno del gallo


Ho 39 anni

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Sono nata di domenica in un fredda giornata Invernale

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Il mio pianeta : Saturno e Urano
Il mio colore : Blu notte
La mia pietra: Zaffiro, ametista

Il significato del mio numero base

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“Non siete propensi a prendere decisioni. Calmi, sereni e diplomatici, siete più atti a seguire che a comandare. Siete in possesso di un grande intuito e di una buona dose di pazienza. Le novità non sono sempre ben accette dal momento che amate la vita tranquilla.”

di me ti posso dire: amo i miei figli, amo la mia famiglia, amo scrivere, amo la mia casa e amo il mio paese, in questo ordine… e sono caffè-dipendente!!!

Amo la libertà, i gatti, il cielo e le stelle, il mare d’inverno e l’alta montagna. Amo viaggiare e non mi stancherò mai di sognare…


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domenica 8 marzo 2009

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8 marzo FESTA DELLE DONNE

Questa notte, alle 24, si concluderà la giornata dedicata alla donna. Molte di noi riceveranno un piccolo rametto di mimosa: un alberello dal tronco leggero, con foglie e fiori simili a piumini.



Io ne ho una splendida in giardino... e la mia figlia più piccola - ha solo due anni e mezzo - si è divertita a staccare tutti i batuffoli gialli, che adornavano i rametti in basso, per spargerli a pioggia sull'erba! Ma quante di noi conoscono il significato di questa giornata?


Questa giornata nasce come simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso della sua lunga e difficile strada verso l’emancipazione. Il giorno dell’8 marzo era e dovrebbe rimanere in noi, come un momento di riflessione sulle lotte che le donne hanno dovuto combattere ed ancora combattono in ogni parte del mondo, per la conquista della propria identità come esseri umani di pari diritti. Diritti non sempre riconosciuti ed anche per questo di immenso valore.


(tratto da “WIKIPEDIA”):


“Sull'origine di questa giornata esistono delle leggende; una di queste riguarda in Italia il settimanale "La lotta", edito dalla sezione bolognese del Partito Comunista Italiano, che nel 1952 pubblicò una storia rivelatasi poi un falso storico. Il settimanale comunista sostenne in un suo articolo che l'origine della festa sarebbe risalita ad un grave fatto di cronaca avvenuto nel 1908 a New York: alcuni giorni prima dell'8 marzo, le operaie dell'industria tessile Cotton iniziarono a scioperare per protestare contro le condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero proseguì per diversi giorni finché l'8 marzo Mr. Johnson, il proprietario della fabbrica, bloccò tutte le vie di uscita; lo stabilimento venne devastato da un incendio e le 129 operaie prigioniere all'interno non ebbero scampo.


Questa leggenda è frutto di un'elaborazione romanzata di un gravissimo incidente realmente avvenuto, l'incendio che nel 1911 colpì la Triangle Shirtwaist Company di New York.


La Triangle Shirtwaist Company produceva le camicette alla moda di quel tempo, le cosiddette shirtwaist.


Di proprietà di Max Blanck e Isaac Harris, occupava i 3 piani più alti del palazzo a 10 piani Asch building a New York City, nell'intersezione di Greene Street e Washington Place, poco ad est di Washington Square.

La compagnia occupava circa 500 lavoratori, la maggior parte giovani donne immigrate dalla Germania, dall'Italia e dall'Europa dell'est. Alcune donne avevano 12 o 13 anni e facevano turni di 14 ore per una settimana lavorativa che andava dalle 60 ore alle 72 ore. Pauline Newman, una lavoratrice della fabbrica, dichiara che il salario medio per le lavoratrici andava dai 6 ai 7 dollari la settimana.

La Triangle Shirtwaist Company era diventata già famosa fuori dall'industria tessile prima del 1911: il massivo sciopero delle operaie tessili iniziato il 22 novembre 1909, conosciuto come protesta delle 20.000, iniziò come una protesta spontanea alla Triangle Company.

La International Ladies' Garment Workers' Union negoziò un contratto collettivo di lavoro che copriva quasi tutti i lavoratori dopo uno sciopero di 4 mesi, ma la Triangle Shirtwaist rifiutò di firmare l'accordo.

Le condizioni della fabbrica erano quelle tipiche del tempo. Tessuti infiammabili erano immagazzinati per tutta la fabbrica, scarti di tessuto sparsi per il pavimento, gli uomini che lavoravano come tagliatori a volte fumavano, l'illuminazione era fornita da luci a gas aperte e c'erano pochi secchi d'acqua per spegnere gli incendi

Il pomeriggio del 25 marzo 1911, un incendio che iniziò all'ottavo piano della Shirtwaist Company uccise 146 operai di entrambi i sessi. La maggioranza di essi erano giovani donne italiane o ebree dell’Europa orientale. Poiché la fabbrica occupava gli ultimi tre piani di un palazzo di dieci piani, 62 delle vittime morirono nel tentativo disperato di salvarsi lanciandosi dalle finestre dello stabile non essendoci altra via d'uscita.

I proprietari della fabbrica, Max Blanck e Isaac Harris, che al momento dell'incendio si trovavano al decimo piano e che tenevano chiuse a chiave le operaie per paura che rubassero o facessero troppe pause, si misero in salvo e lasciarono morire le donne. Il processo che seguì li assolse e l’assicurazione pagò loro 445 dollari per ogni operaia morta: il risarcimento alle famiglie fu di 75 dollari.

Migliaia di persone presero parte ai funerali delle operaie.”

Al di là di questo singolo fatto, ci sono altri drammi - migliaia e sconosciuti, intimi e familiari - che non conosciamo e penso alle donne che nascono e vivono in quei paesi arabi e musulmani che sono terre misteriose e splendide, con una cultura affascinante ed antica, ma che, spesso, considerano la donna meno che un oggetto, totalmente priva di diritti e di umanità. Ma anche le violenze che le donne subiscono nel nostro paese, in Europa – la vecchia e cara Europa! – ancora piena di mille pregiudizi e della cultura dell’uomo-padrone.

Credo davvero che siamo noi, madri ma prima di tutto donne, a dover insegnare alle nostre figlie ad amarsi in quanto persone ed ad insegnare ai nostri figli a divenire quegli uomini capaci di riconoscere, in una donna, uno splendido essere umano così diverso da loro ed allo stesso tempo uguale. Perché, a dispetto di tutta la nostra conoscenza e di tutta la nostra cultura, ancora uomini e donne non hanno costruito un punto di contatto e non sanno come tendersi la mano…



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sabato 7 marzo 2009

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Chi sono io e donde vengo....

Oltre che parlare di interessi comuni, nei blog si può anche parlare di se stessi. Così, qui di seguito, ecco alcune sintetiche notizie su di me e sui miei "lavori".

Nasco nel 1970 a Trieste, capoluogo di regione racchiusa fra il Carso ed il mare. Divoratrice di libri fin da bambina, da sempre il mio più grande desiderio è stato quello di scrivere a mia volta. Ai tempi del liceo, il mio primo amore è stata la poesia: Edgar Allan Poe, Mallarmè, Verlaine, Baudelaire ed i poeti ermetici, ma anche Dante Alighieri, Foscolo e Leopardi. In quegli anni, in cui ho fatto mia la filosofia “dark”, ho scritto molti brevi racconti ed una quantità di poesie tale da riempire interi quaderni. È di quel periodo anche un esperimento a “Radio Fragola”, con la trasmissione musicale “Theatre of pain”. Ho iniziato subito a lavorare, ho conosciuto il mio secondo amore e siamo andati a convivere, abbiamo viaggiato per l’Europa, India, Cuba, Indonesia, sono nati i miei figli, ho fatto la pendolare e… costante della mia vita, ho scritto tanto! I miei lavori, a mio parere, meglio riusciti? “Arancio Amaro” e “Quella lunga strada che mi porta a casa”, che sono racconti brevi e poi i miei romanzi “Le Terre di Arcadia – i misteri dello spazio profondo” ed i due libri sull’Altrodove: “Ritorno ad Altrodove” ed “Il terzo ramo della Galassia (Ritorno ad Altrodove - parte II)”.

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venerdì 6 marzo 2009

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Piccoli cenni sulla licenza di questo blog.


I MONDI DELL'ALTRODOVE by Daniela Gambo is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.

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Questo blog è uno spazio personale e nasce dalla volontà di partecipare in qualche modo alla grande ragnatela mondiale che avvolge il nostro pianeta. Lascerò qui alcuni miei pensieri ed opinioni, qualche poesia e qualche libro, vi mostrerò qualche disegno composto di mio pugno e qualche mia idea strampalata o meno, da condividere oppure no, sulle cose che ci accadono oggi… ricordate solo che sono opinioni personali e – come tali – se volete opinabili. L’autore del blog non è responsabile dei commenti lasciati e, se non razziste o volgari, non verrà praticata alcuna censura.

Saluti a tutti quelli che si soffermeranno su queste pagine!!

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