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domenica 31 maggio 2009

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GIOCHI D’ACQUA – punto sesto

malecom_blue Seduta alla sua scrivania, attenta ai fogli posati accanto a lei, Viki batteva sui tasti del computer velocemente, senza nemmeno guardare lo schermo. La piccola radiolina nera spandeva leggere note di una canzone sconosciuta e la finestra aperta lasciava che il vento mattutino spingesse le tende in uno strano balletto.

Seduto alla sua scrivania, Luca fissava pensieroso la sigaretta posata sul posacenere spandere un unico, trasparente filo di fumo.

Seduto al bar, sotto l’ufficio, Marco sorrideva alla barista che gli stava servendo il caffè.

Accanto a lui c’era il giornale appena comprato, aperto sulla prima pagina e, senza nemmeno rendersene conto, veniva fissato insistentemente da una piccola e gracile vecchietta ferma alla cassa, infastidita che quel giovane stesse trattenendo tanto a lungo la barista e impedendole così di pagare ed andarsene.

Seduta al piccolo tavolo di legno rovinato della mensa del carcere, Chiara fissava la fotografia sgualcita che teneva fra le mani. Attorno a lei, le voci delle altre detenute si sommavano creando un sottofondo disarmonico che scivolava via, come leggera acqua sulla sabbia. Gli occhi di Chiara erano asciutti. Malgrado fosse passato poco più di un mese dalla morte del figlio, lei non aveva mai pianto. Per i giudici che ne avevano deciso la custodia cautelare, ciò aveva pesato molto, ma per Chiara voleva solo dire che il tempo non aveva ancora ripreso a scorrere. Era ancora fermo a quel giorno, a quell’ora, a quell’interminabile minuto…

Il dolore alla testa era lancinante. La luce era così accecante da ferirle gli occhi e quelle urla erano così forti da essere davvero insopportabili! L'ostetrica le aveva predetto che il suo istinto materno si sarebbe risvegliato, non appena il bambino le sarebbe stato posto fra le braccia... ma non era successo. Qualche mamma le aveva raccontato di sapere in anticipo quali fossero i bisogni del loro figlioletto, ma tutto ciò che lei aveva tentato, per farsi accettare da quella enorme bocca senza denti che non faceva altro che urlare, era risultata vana! Più di ogni cosa, voleva che si chiudesse, che stesse zitta, che non si facesse sentire!!! Si tappò le orecchie e si mise a gridare, sempre più forte.

Il neonato si interruppe un momento, sconcertato. Poi riprese a piangere, a pieni polmoni. Qualcuno bussò forte sulla parete ed allora lei gridò ancora più forte.

Le infermiere vennero solo in quel momento. Presero il bambino e lei poté udire le sue urla affievolirsi, allontanarsi e poi cessare del tutto, quando alla fine chiusero le porte della nursery.

"Così davvero non va, Signora Chiara!" disse quella megera di caposala, tirandole su la manica e disinfettandole la pelle per l'iniezione.

Una cappa scura l'avvolse e lei chiuse gli occhi, grata solo, finalmente, di non essere più ancora capace di sentire alcunché.

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