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lunedì 18 maggio 2009

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GIOCHI D’ACQUA – punto quinto

Con un colpo secco, Luca chiuse la porta dell’ufficio. Si tolse la giacca e la gettò sulla scrivania. Si avvicinò al portatile e accarezzò la tastiera con fare pensieroso. Lo schermo si accese subito ed il cursore lampeggiò all’interno della finestra che richiedeva la password.



Luca rimase a fissare quella semplice riga nera che pulsava e si chiese, una volta ancora, come il fratello potesse essere così certo che Chiara fosse colpevole. Soprattutto, gli risultava incomprensibile che egli volesse accettare a tutti i costi quel caso. Il marito di Chiara era venuto nel loro studio solo la settimana scorsa e già Marco aveva buttato giù le linee principali della linea di difesa che avrebbe adottato. Si vedeva che il caso lo entusiasmava, al contrario suo, che, invece, non ne era per nulla contento! Aprì il primo cassetto della scrivania e, meccanicamente, ne estrasse un pacchetto di sigarette e ne sfilò una, mettendosela in bocca. L’accese e ne aspirò profondamente la prima boccata. Si avvicinò alla porta finestra che dava sul poggiolo e scostò la tenda per guardare di sotto. La strada principale, delimitata da alti e secolari aceri, era già piena di gente e di macchine, malgrado fossero solo le sette di mattina.

Era così assorto in se stesso che non si accorse che la giovane segretaria dello studio era entrata per portargli la posta.

“Credevo che avessi smesso di fumare!” Lo rimbrottò subito, con quel suo tono di piccola maestrina che Luca detestava profondamente.

Luca non le rispose nemmeno, così da darle l’occasione di andarsene senza aggiungere altro, ma – naturalmente – lei non demorse.

“Questa mattina ho dovuto arrivare dieci minuti prima per arieggiare la sua stanza: qui dentro c’è sempre troppa puzza di fumo!”

Lo guardò torva, mentre lui si girava lentamente e schiacciava la sigaretta appena accesa nel portacenere guardandola fissa negli occhi. Soddisfatta? diceva l’espressione del viso di Luca e lei, per risposta, alzò le spalle con gesto incurante.

“Dopotutto, la salute è la tua!” non poté far a meno di dirgli, mentre se ne andava con un rumore sordo di tacchi.

Il profumo di lei era, però, rimasto nella stanza e Luca spalancò la finestra per liberarsene. Non solo non la sopportava, ma arrivava anche ad odiarla cordialmente: specie in quei momenti, quando il suo leggero profumo di vaniglia e rosa selvatica si spandeva nell’aria, facendogliela desiderare. Era stato Marco ad assumerla - quasi sei mesi addietro - e senza interpellarlo. Luca non aveva detto niente: del resto era il fratello l’avvocato dello studio ed era palese che gli fosse necessaria una segretaria. Lei era alta, ben proporzionata e con il sedere sodo. Era bionda, aveva gli occhi verdi, era bella ed era efficiente: era esattamente il tipo di donna con cui Marco amava circondarsi. Si chiamava Vittoria – Viki per gli amici – ed era sempre gentile con tutti, tranne che con lui. Certo avevano iniziato con il piede sbagliato già dall’inizio, quando Luca, scambiandola per una delle tante avventure di Marco, le aveva fatto capire non troppo velatamente che, se era stata assunta, era solo perché andava a letto con l’avvocato. Viki non aveva risposto nemmeno, fulminandolo con gli occhi e classificandolo, senza possibilità di appello, come indesiderato.

Marco s’era fatto quattro risate, quando lui gliel’aveva raccontato.

“Non mischio mai il piacere con il lavoro!” gli aveva ricordato, dandogli una manata sulla spalla .

“Una volta m’è bastata!” aveva aggiunto subito, ricordandogli che la propria futura ex-moglie era stata la loro prima segretaria, quando avevano aperto lo studio.

Era stato così, dopo di allora, che Luca aveva iniziato a desiderare Viki.


3 puntini di sospensione:

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